1985: Scetate, Carulì, ca l’aria è doce.
Partiamo da quello che di certo c’è: la "fenestella" c'è ancora. C’è ancora il pentagramma della canzone di Salvatore Di Giacomo, e sicuramente tante ragazze di nome "Carolina" sono state a Marechiaro coi propri fidanzati, a scambiarsi baci sotto quella finestra, quando sponta la luna a Marechiaro.
Marechiaro è un piccolo borgo di pescatori che si affaccia sul golfo di Napoli. La finestra di cui stiamo parlando può sembrare anonima, ma conserva una storia incerta, di certo magica, che pur essendo piena di dubbi ci restituisce una canzone che fa venir voglia di bagnarsi nelle acque romantiche di Partenope.
Si parla in poesia quando si parla d’amore, si canta quando quell’amore diventa di tutti. Per questo, forse, la Carolina di cui si parla nella canzone di Di Giacomo è Carolina Anastasio, la moglie di Carmine Cotugno, che morì giovane e senza figli. Ma che dire di Carolina Sommer? Anche lei, moglie di uno dei compositori con i quali Di Giacomo spesso si accompagnava, potrebbe essere la Carolina in questione.
Sembra che la Carolina di Marechiaro sia una donna di cui Di Giacomo ha sentito parlare, la cui memoria è ora per l’eternità scolpita in una canzone. Sembrerebbe, poi, che Di Giacomo non sia mai stato a Marechiaro. Eppure ce ne restituisce la magia, la sospensione, il romanticismo. Allora chissà come Di Giacomo avrà immaginato Carolina. Affacciata alla fenestrella, i capelli mossi dalla brezza odor di garofano, gli occhi come stelle, e l’aria dolce, tanto dolce: scetate, Carulì.
Lorenza Sabatino
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